“La Valletta è di per sé un capolavoro architettonico. Circondata dalle imponenti e maestose fortificazioni costruite dall’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni, è un tesoro di bellezza architettonica.”
(La Valletta, capitale europea della cultura 2018)
Parte di questo capolavoro, nonché esempio della particolare architettura calcarea cavalleresca di La Valletta, è il prestigioso palazzino a tre piani che il Progetto Patrimonio Europeo ha potuto acquisire nel 2014. Situato nelle immediate vicinanze dei Giardini Upper Barrakkae della Cattedrale di San Giovanni, il palazzo si affaccia sulle Tre Città e sul Porto Grande. Eretto all’inizio del XVII secolo – durante l’età d’oro di Valletta – sotto il dominio degli Ospitalieri e ampliato nel 1699, esso si integra perfettamente con la struttura a griglia della città, un concetto di pianificazione urbana rivoluzionario e di lunga in anticipo sui tempi.
L’umile facciata del palazzo, che protegge i suoi preziosi cortili, si apre sulla Melitta, una via che sotto il governo dei cavalieri era stata inizialmente battezzata Via Pia, in onore di Papa Pio V (1504-1572). Dopo la resa firmata dal Gran Maestro Ferdinand von Hompesch alle truppe napoleoniche, nel 1798, la strada fu ribattezzata Rue de la Félicité Publique, e più tardi, sotto il dominio britannico, Britannia Street. Tuttavia, per le persone che vi risiedevano, questa è sempre stata la Strada del Gran Falconiere.
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Era indubbiamente necessario cambiare lo stato delle cose e l’edificio è stato ricostruito dal Progetto Patrimonio Europeo.
Poiché La Valletta ha attualmente intrapreso un progetto di rinascita con l’obiettivo di riportare in vita aree precedentemente abbandonate, il Progetto Patrimonio Europeo aspira a sostenere questa responsabilità oggettiva e culturale.
SITUAZIONE ALL’ACQUISTO
Il complesso dell’edificio, originariamente in un unico blocco, è acquistato in due fasi, nel 2014 e 2016. Durante il governo socialista, negli anni ’70 e ’80, l’edificio fu espropriato dopo ripetuti cambi di proprietà e suddiviso in appartamenti. Per ampliare ulteriormente le superfici, nel corso di queste ristrutturazioni, nelle grandi stanze storiche vennero inseriti controsoffitti, creando un ulteriore spazio abitativo con altezze di meno di 2 metri, a volte anche sotto 1,70 metri. A seguito della realizzazione di un nuovo e moderno spazio abitativo al di fuori de La Valletta, dagli anni ’90 l’immobile è stato via via abbandonato dai suoi residenti e dagli inizi del 2000 è rimasto praticamente vuoto. Erano rimasti solo alcuni cittadini albanesi ad occupare due stanze nella parte frontale al 1° piano. Nel 2014 l’EUROPEAN HERITAGE PROJECT è riuscito a concludere con i proprietari un contratto di acquisto per le superfici abitative vuote. Nel 2016, finalmente anche i proprietari degli appartamenti restanti vendettero e si trasferirono in un edificio più moderno. Così, si poté ricostituire l’unità storica del complesso.
PROPRIETÀ: NUMERI E FATTI
Il complesso dell’edificio venne concepito già quattro anni dopo la difesa dall’assedio turco nel 1569, dal costruttore locale Francesco Laparelli (1521-1570), ma effettivamente costruito sotto la direzione di Girolamo Cassaro (1520-1592) nel 1583. L’edificio si trova nella parte sud-ovest della città, nei pressi del giardino pubblico Upper Barrakka, a soli 250 metri dalla cattedrale di san Giovanni. Su tutte le stampe contemporanee, il Palazzino viene indicato nel cuore della città, su Via Pia. Alla fine del XVII secolo, venne poi acquistato da Pierre de Roussillon, un cavaliere maltese, e ampliato di un piano e altre aggiunte. Il Palazzino comprende oggi tre piani per una superficie di 520 metri quadrati e una superficie totale di circa 1150 metri quadrati.
STORIA
Dall’investitura da parte dell’Imperatore Carlo V nell’anno 1530, Malta divenne territorio dell’ordine di San Giovanni, da cui in seguito nacque il Sovrano militare Ordine di Malta, che, dopo la perdita della Palestina (1291) e Rodi (1522), trovò qui il suo luogo di ritiro. Dopo la riuscita rappresaglia contro le truppe d’assedio turche nell’anno 1566 da parte dei cavalieri dell’Ordine, il Gran Maestro Jean Parisot de la Valette (1494-1568) decise di ricostruire la fortezza distrutta di Sant’Elmo e di erigere inoltre una cittadella tutta nuova nell’estremità occidentale della rispettiva penisola, l’odierna Valletta. Il Re Filippo II di Spagna (1527-1598), ma soprattutto Papa Pio V (1504-1572) promisero un supporto finanziario. Pio V inviò inoltre il suo miglior ingegnere militare, Francesco Laparelli (1521-1570), a Malta per attuare l’iniziativa. La città venne predisposta, sia da un punto di vista di strategia militare che di rappresentanza, per essere la più moderna città del mondo. Logistica, infrastrutture, approvvigionamento idrico e l’intera gestione seguirono un concetto sofisticato. La viabilità venne pianificata a scacchiera anche dal punto di vista della circolazione dell’aria. Dopo che Laparelli nel 1568 lasciò l’isola, il suo assistente Girolamo Cassaro assunse i lavori. A quel tempo risale anche la costruzione dell’odierno Palazzino in Strada Pia, patrocinato oggi dall’EUROPEAN HERITAGE PROJECT. La strada collegava la parte est a quella ovest della penisola, ed era stata così denominata in onore del suo finanziatore Papa Pio V. Il Palazzino stesso si trovava vicino al bastione di San Pietro e Paolo, situato a sud-ovest, e quindi vicino all’ingresso de La Valletta. Da qui, ci vogliono solo pochi passi per raggiungere il giardino pubblico Lower Barrakka, che fu concepito nel 1661 come spazio ricreativo per i cavalieri dell’Ordine. Dal Palazzino vero e proprio, si aveva una visuale strategica sul grande porto, il Forte San Angelo e i passaggi marittimi meridionali. Alla fine del XVII secolo, Pierre de Roussillon, cavaliere del Sovrano militare Ordine dei Cavalieri di Malta, dopo il pagamento della sua quota ereditaria e con la mediazione dell’Ordine, riuscì ad acquistare il complesso. Oltre ai suoi diversi doveri, Roussillon riuscì, negli anni seguenti, a stringere legami commerciali nella sua patria, che gli fruttarono notevole ricchezza. Egli distribuì la struttura dell’edificio su 3 piani e apportò modifiche alla facciata. Con la capitolazione dell’Ordine di fronte alla flotta napoleonica nel 1798, anche i discendenti di Roussillon dovettero lasciare Malta. La Strada Pia venne rinominata Rue de la Fèlicité Publique (Via della Felicità Pubblica), secondo la dottrina della rivoluzione francese. Dopo che la fine dell’interregno francese, appena due anni più tardi, la strada prese il nome popolare di Strada del Gran Falconiere, in riferimento alla caccia al falcone che vi ci si teneva. Come uno dei risultati della Prima Pace di Parigi nel 1814, Malta divenne una colonia della corona inglese. Nel corso di una campagna di anglosassonizzazione, dopo la Prima Guerra Mondiale, dal 1927 la strada venne rinominata Britannia Street. Subito dopo l’Indipendenza, nel 1964, prese il suo attuale nome di Melita Street, in riferimento alla località di Melite, risalente all’età del bronzo, i cui resti si trovano sotto la città di Mdina (Medina). Dal 1980, tutta l’antica città storica di Valletta è elencata tra i Patrimoni Mondiali UNESCO.
ARCHITETTURA
L’edificio si trova sul fianco sud-occidentale della penisola. È costruito, come per quasi tutti gli edifici della città vecchia, con la tipica pietra calcarea marroncina relativamente morbida, che viene estratta a sud-ovest di Malta. Il materiale di riempimento si ottenne dal bacino portuale di Manderaggio nel corso dei lavori di escavazione mai completati. L’insieme consiste fondamentalmente di tre unità immobiliari, che si raggruppano attorno ad un cortile interno.
Nell’edificio lato strada, vi sono le stanze di rappresentanza, con soffitti alti fino a 5 metri. Qui sono stata ubicati l’atrio e la biblioteca al piano terra, nonché la sala dei cavalieri al primo piano. Nell’edificio posteriore, sono stati ubicati i locali funzionali del pianterreno nonché le sovrastanti camere da letto, che si ripartiscono sui tre piani. L’edificio di collegamento ospita non solo una enorme scalinata che si apre sul cortile, ma anche numerose camere più piccole, che servivano probabilmente per scopi logistici. Il quarto piano concede dal tetto terrazzato un’ampia veduta sul mare fino a Forte Sant’Angelo. Il cortile interno illumina e ventila gli edifici circostanti e permetteva il trasporto verticale di merci più pesanti tramite l’uso di corde di sollevamento.
L’intera struttura è dotata di ampie cantine realizzate con la tecnica dei soffitti a volta. Grazie alla sofisticata architettura dell’edificio, anche i locali cantina sono adeguatamente ventilati. Sotto l’intero complesso, si trovano cisterne sovrapposte, che sono state scavate nella roccia. Ancora oggi, gran parte dell’approvvigionamento idrico avviene tramite tunnel sotterranei.
Degna di nota, oltre all’imponente scalinata centrale, è la scala a chiocciola in pietra intagliata, che collega tutti i piani, nonché i locali cantina, tra loro.
Intorno al cortile e nella zona ingresso, risaltano per la loro bellezza numerose strutture a volta e ad arco. La facciata che dà sulla strada, invece, è volutamente mantenuta semplice. In tipico stile locale, sono stati costruiti numerosi balconi e balconate esterni, i cosiddetti “Gallariji” (bovindo). Il bovindo e anche i restanti elementi in legno colorati di verde smeraldo, come porte e telai di finestre, formano tradizionalmente un contrasto luminoso con la tenue pietra calcarea della facciata.
CONDIZIONE STRUTTURALE AL MOMENTO DELL’ACQUISIZIONE
L’intero complesso è rimasto vuoto per molti anni. Le strutture dei tetti piani non hanno sopportato le battenti piogge invernali e in parte erano crollate. Anche altri interventi di riparazione e manutenzione agli edifici non sono più stati apportati per decenni. Le condutture si erano arrugginite a causa della mancanza di acqua corrente, mentre la facciata dell’edificio si era pericolosamente inclinata verso l’esterno. Nella cantina, alcune tra le volte e i contrafforti presentavano delle crepe. Lo stato di abbandono non era però l’unica causa di questa condizione. Tra le cause, vanno infatti elencati anche i problemi dovuti alla ripartizione della proprietà in nove appartamenti indipendenti, negli anni ’70. Questa riconversione ebbe come conseguenza numerose e gravi interferenze sulla struttura storica dell’edificio. A peggiorare le cose, ci fu probabilmente il successivo inserimento di controsoffitti, che hanno tagliato orizzontalmente l’originaria struttura delle grandi sale. Il frazionamento ebbe anche come conseguenza l’introduzione di numerose nuove pareti divisorie e l’installazione arbitraria di impianti sanitari che hanno alterato le strutture esistenti. La maggior parte degli interventi sono stati effettuati senza un’adeguata protezione statica, da cui il crollo in alcune aree dell’edificio. Le finestre storiche sono state sostituite a tratti da semplici soluzioni in plastica.
INTERVENTI DI RESTAURO E DO CONSERVAZIONE
La priorità assoluta dei lavori di restauro è stata data alla sicurezza strutturale e statica dell’edificio. Le perdite del tetto sono state riparate, ove ancora possibile. Laddove la struttura del tetto, incluse le travi portanti in legno, aveva tuttavia ceduto, è stato necessario ricostruirla. Gli impianti che minacciavano la stabilità statica sono stati rimossi. Una grande ed inaspettata spesa è stata indirizzata alle strutture delle cisterne infatti, a causa dei numerosi interventi nell’edificio, la loro funzione statica era stata notevolmente danneggiata. Pertanto, è stato necessario rinforzare l’intera struttura tramite due piani sotterranei e in parte con un rifacimento delle murature. La pericolosa pendenza della facciata sulla strada è stata contrastata tramite legatura. Nella cantina, numerose crepe sulle volte sono state rattoppate e riempite, mentre alcuni contrafforti sono stati in parte costruiti dal nuovo.
Nel frattempo, la facciata in pietra calcarea è stata ripulita dalla fuliggine e in parte ricostruita nelle aperture murarie, come ad esempio le finestre, per rimediare alla presenza di scheggiature nella struttura.
Nella seconda fase, è stato realizzato il delicato smantellamento degli interventi effettuati durante il frazionamento. In particolare, è stata efficacemente portata a termine l’eliminazione dei controsoffitti aggiunti nelle grandi sale di rappresentanza.
La terza fase si è concentrata sul ripristino funzionale dell’edificio come concepito in origine. Tutte le strutture in pietra sono state professionalmente restaurate e, dove mancanti, integrate. I telai delle finestre e delle porte sono stati restaurati e in certi casi integrati, gli accessori risistemati o ricreati nel rispetto dell’aspetto storico. Tutti i balconi esterni e le balconate, cioè i tradizionali “Gallariji” (bovindo), sono stati completamente sottoposti a lavori di falegnameria e rimessi a nuovo. Le singole stanze sono state adeguatamente riportate alla loro funzione storica. La fornitura elettrica e quella idrica sono state ripristinate nel rispetto della storicità dell’edificio.
USO PRESENTE E PROPETTIVE FUTURE